Per emanciparsi dal gas russo, l’Europa mira ad aumentare l’importazione di Gas Naturale Liquefatto, soprattutto dagli Stati Uniti. Come viene ottenuto il Gas Naturale Liquefatto?
Quando si parla di GNL si deve innanzitutto capire che GNL è cosa diversa dal GPL: entrambi sono miscele liquide di idrocarburi, ma il primo è un liquido criogenico (a temperatura molto bassa, 162°C sotto zero, ma a pressione atmosferica), che viene liquefatto soltanto per il trasporto, e viene gassificato prima della distribuzione. Il GPL è invece un liquido sotto pressione (10-15 atmosfere circa), che passa allo stato gassoso nel momento dell’utilizzo. Anche la composizione di queste due fonti di energia fossile è diversa.
Il GNL è costituito in massima parte da metano (col 5% circa di idrocarburi più pesanti) e si ottiene dal Gas Naturale (NG) per liquefazione diretta. Dopo uno step di purificazione (dal metano si tolgono la CO2 e l’H2S), il NG viene compresso, raffreddato e decompresso con un processo a più stadi piuttosto energivoro: circa 3 MJ/kg di GNL.
La densità del GNL è circa 600 volte superiore a quella del metano gassoso a 1 atmosfera. Il GNL ha una densità energetica per unità di volume molto elevata (ma solo metà rispetto alla benzina). Può quindi essere conveniente trasportare metano nella forma GNL e convertirlo allo stato di gas dopo l’arrivo a destinazione: una nave metaniera porta l’equivalente di 160 milioni di metri cubi di metano.
Che impatto ambientale ha la filiera del GNL?
Il processo di produzione di GNL da metano gassoso ha due impatti principali sull’ambiente: l’energia necessaria per il processo di liquefazione (circa il 6% dell’energia disponibile nel NG) e le perdite di metano in atmosfera che si verificano nelle fasi di liquefazione e rigassificazione. Ma si devono tenere in considerazione almeno altri due impatti nella filiera a monte della liquefazione: da un lato le emissioni di metano e CO2 atmosferica causati dalle operazioni di estrazione, accumulo e distribuzione del metano gassoso che deve essere sottoposto al processo di liquefazione criogenica, dall’altro le modalità di estrazione del gas naturale dal sottosuolo: in questo caso, ad esempio, l’estrazione attraverso tecnologie di fracking come quelle usate negli Stati Uniti comporta enormi consumi di acqua e danni consistenti alla geomorfologia del sito di estrazione. Per quanto riguarda il rilascio di gas climalteranti in atmosfera, un esteso ed accurato studio statistico del 2016 ha dimostrato che viene emesso l’equivalente di 1 kg circa di CO2 fossile per kg di GNL prodotto, di cui un terzo è dovuto alle operazioni richieste per passare da NG a GNL.
Come funzionano i rigassificatori che servono a rendere gassoso il GNL?
I rigassificatori ricevono il GNL dalle navi metaniere che lo trasportano come gas liquefatto criogenico (-162°C). Esso viene trasferito, allo stato liquido, dalla nave ad un serbatoio di stoccaggio all’interno del rigassificatore, dove mantiene le medesime condizioni fisiche di trasporto. Successivamente viene inviato ad un vaporizzatore in cui per riscaldamento si effettua la gassificazione con l’espansione del gas, che torna allo stato gassoso naturale. La variazione di temperatura avviene in genere tramite lo scambio termico in fasci tubieri tra gas liquido e acqua di mare, che cede il proprio calore al gas; la pressione invece viene ridotta tramite l’espansione del gas in appositi serbatoi. A questo punto il gas può essere immesso nella rete di distribuzione nazionale.
Esistono, sul mercato tre tipologie di rigassificatori, essi presentano vantaggi e svantaggi, come tutte le diverse soluzioni tecnologiche. In Italia i rigassificatori in servizio sono:
Onshore (Panigaglia, SP)
Offshore GBS (Porto Viro, RO)
Offshore FSRU (Livorno)
Il GNL è ritenuto più costoso del gas naturale russo, perché?
Indubbiamente l’utilizzo del GNL ha costi maggiori di quello fornito dai gasdotti esistenti in quanto richiede l’utilizzo degli impianti di liquefazione all’origine, il trasporto via mare e quindi i rigassificatori per la immissione in rete.
Tuttavia, questo sistema risulta più economico rispetto all’approvvigionamento via gasdotto quando il fornitore è molto distante (oltre i 4000 km) e non può essere interconnesso attraverso le pipeline.
Quindi, in momenti di crisi come quello che stiamo vivendo, la fornitura da altre aree geografiche del globo potrebbe risultare più conveniente e porterebbe a ridurre la pressione esercitata da certi fornitori come attualmente sta facendo la Russia nei confronti dei Paesi europei.
Come Paesi fornitori non dobbiamo pensare esclusivamente agli USA, ma anche ad altre aree geografiche come ad esempio Qatar, Congo e Venezuela: sfruttare le risorse di metano disponibili in questi Paesi è possibile solo utilizzando il trasporto via nave e conseguentemente i rigassificatori.
È giusto puntare sul GNL o per sostituire il gas russo si potrebbe puntare su altre soluzioni?
Sebbene per un’oculata politica energetica occorrerebbe puntare in primo luogo sui risparmi energetici e sulle fonti d’energia alternativa e sulle rinnovabili, il gas naturale rappresenta una via obbligata e transitoria per la transizione energetica nel breve periodo.
In questo contesto puntare sul GNL consente di approvvigionarsi su un mercato più ampio e diversificato rispetto a quello raggiungibile attraverso il trasporto per pipeline.
Questa soluzione richiederebbe almeno un paio di nuovi impianti di rigassificazione da distribuire sulla costa italiana. La soluzione più veloce e meno impattante è quella di puntare a impianti Offshore FSRU, ovvero a rigassificatori galleggianti come quello di Livorno.
Certamente ciò richiede del tempo, occorre reperire sul mercato questi impianti galleggianti, realizzare le infrastrutture di ormeggio e il collegamento alla rete gas nazionale: si può pensare ad un periodo di circa 48 mesi.
Con il potenziamento del numero dei rigassificatori e la loro dislocazione in punti strategici del territorio costiero nazionale, l’Italia potrebbe diversificare le forniture e diventare, attraverso la rete del gasdotto nazionale che è interconnessa con la rete europea, un hub strategico per la politica energetica non solo nazionale, ma dell’intera UE.
Alberto Bertucco, Direttore del Centro Levi Cases
Giuseppe Maschio, Professore Ordinario di Impianti Chimici, Dipartimento di Ingegneria Industriale