Transizione energetica, idrogeno e analisi del rischio: intervista al Prof. Giuseppe Maschio

Professor Maschio, su cosa si concentra la sua attività di ricerca?

Sono professore ordinario di Impianti Chimici e nella mia lunga carriera mi sono occupato di valorizzazione termochimica di biomasse e rifiuti, di reattoristica chimica. Negli ultimi vent’anni la mia ricerca si è concentrata sulle tematiche dell’analisi dei rischi nell’industria di processo e nel trasporto di merci pericolose.

Sono il Fondatore del Corso di Laurea magistrale in Ingegneria della sicurezza civile e industriale all’Università di Padova e Referente del settore rischio industriale, chimico, nucleare e trasporti della Commissione Nazionale per la Previsione e Prevenzione dei Grandi Rischi.

Dal punto di vista dell’analisi dei rischi, quali sono quelli di cui tenere conto nella Transizione Energetica?

La transizione energetica rappresenta una delle sfide principali dei prossimi decenni, inquesto contesto la produzione e utilizzo dell’idrogeno e il progressivo incremento dell’utilizzo di elettricità proveniente da fonti energetiche rinnovabili avranno un ruolo centrale. Ciò però richiede una accurata analisi dei nuovi rischi ad essi connessi.

L’utilizzo di nuovi combustibili, le mutate condizioni operative dei processi produttivi possono infatti introdurre, accanto agli indubbi vantaggi di carattere ambientale, nuovi scenari di rischio che devono essere adeguatamente individuati e studiati.

La domanda da porsi è infatti: le tecnologie verdi sono sempre sicure? Pertanto, il contributo in termini di previsione e prevenzione risulta essenziale, già nella fase di sviluppo dei nuovi processi e nella progettazione e realizzazione degli impianti e delle infrastrutture ad essi connesse e non deve essere affrontato a posteriori come spesso accade.

Riguardo all’idrogeno, quali usi e che tipo di gestione prevede per questo vettore energetico?

L’idrogeno è destinato ad assumere un ruolo centrale nel sistema energetico in quanto dalla sua combustione non vengono generati i gas serra che, in buona parte, concorrono all’innalzamento termico del pianeta e ai conseguenti cambiamenti climatici.

I processi per la produzione di idrogeno sono molteplici, attualmente quelle più utilizzate sono lo steam reforming del gas naturale e l’elettrolisi dell’acqua. Lo steam reforming utilizza gas naturale e vapore acqueo ad elevate temperature ottenendo idrogeno e anidride carbonica separati. L’idrogeno è utilizzato come vettore energetico, mentre la CO₂, generata nel processo produttivo, deve essere catturata e stoccata utilizzando tecnologie come la CCS (Carbon Capture and Storage). In questo caso si parla di blue hydrogen, o idrogeno blu, in caso contrario si parla di grey hydrogen, o idrogeno grigio.

L’idrogeno prodotto dall’elettrolisi dell’acqua porta alla scomposizione della molecola in ossigeno e idrogeno allo stato gassoso. Se l’energia elettrica utilizzata è prodotta da fonti rinnovabili come l’eolico o il solare, le emissioni complessive scendono a zero: in questo ultimo caso si parla di green hydrogen, o idrogeno verde. Se l’energia elettrica utilizzata è generata dalla combustione di fonti fossili, l’emissione di CO₂ si sposta solamente a monte e la filiera del processo che genera idrogeno non è a emissioni zero. In questo contesto risulta evidente che l’utilizzo di gas naturale continuerà ad avere un ruolo fondamentale per una transizione energetica non traumatica in quanto rappresenta, tra le fonti fossili, quella con le migliori caratteristiche dal punto di vista ambientale, oltre ad essere disponibile in grandi quantità.

Tuttavia, nonostante l’utilizzo dell’idrogeno abbia indubbi vantaggi dal punto di vista ambientale, esso è un gas dotato di caratteristiche chimiche e fisiche particolari, prima fra tutte una densità energetica particolarmente bassa (un m³ di idrogeno contiene un terzo dell’energia di un m³ di gas naturale). Ciò implica l’utilizzo di elevate pressioni o il passaggio allo stato liquido (a -250°C) per il suo trasporto o stoccaggio, il che comporta indubbi problemi tecnologici e di sicurezza. Inoltre, le sue caratteristiche in termini di reattività chimica pongono seri problemi dal punto di vista della sicurezza nel suo utilizzo, infatti risulta in miscela con aria molto più esplosivo del metano.

Proprio a causa di queste caratteristiche peculiari la catena di produzione, trasporto, distribuzione e stoccaggio e l’utilizzo dell’idrogeno presso il consumatore finale richiedono particolari precauzioni, infrastrutture e impianti di combustione dedicati per garantirne la sicurezza.

Nell’utilizzo di idrogeno o miscele di idrogeno-metano, particolare attenzione deve essere posta anche su perdite di contenimento e severi scenari di incendio. Ad oggi non è disponibile una letteratura soddisfacente sul tema delle perdite di contenimento di miscele arricchite con idrogeno né della loro suscettibilità a sostenere scenari avversi in corrispondenza degli impianti di ricezione e movimentazione.

L’Italia è attrezzata sul fronte dell’analisi del rischio?

L’identificazione, la previsione e la modellazione di scenari di esercizio anomali è un passaggio fondamentale per valutare la vulnerabilità complessiva degli impianti e delle infrastrutture strategiche per la transizione energetica.

Molti scenari potrebbero condurre sezioni o singole unità del sistema a situazioni di criticità in termini di sicurezza, anomalie di esercizio e, in casi estremi, perdita di contenimento con rilasci in ambiente. Lo stesso dicasi nel caso delle infrastrutture di trasporto.

L’Italia possiede una Scuola affermata per gli studi del Risk Assessment riconosciuta a livello internazionale che può fornire un supporto tecnico scientifico adeguato all’identificazione dei rischi emergenti legati alle nuove tecnologie e quindi fornire ai produttori e ai decisori strumenti indispensabili e affidabili.

La previsione e prevenzione dei rischi non può esser disgiunta dall’affermarsi del concetto della Cultura della Sicurezza, occorre quindi rendere la valutazione dei rischi e la loro prevenzione un elemento fondamentale, oltre che nella progettazione, anche per ogni scelta politica, amministrativa e di sviluppo economico.

Infine, va sottolineata la necessità di informare la popolazione dei possibili rischi connessi all’utilizzo di queste nuove tecnologie per non cadere nell’equivoco che adottando un sistema ritenuto ecologico questo sia necessariamente più sicuro di quelli basati sulle tecnologie oggi utilizzate nel settore energetico.

Con quali iniziative o progetti di ricerca svolti all'interno del Centro Levi Cases ha affrontato o sta affrontando il tema dell’analisi del rischio?

Nell’ambito delle attività di ricerca svolte dal mio gruppo all’interno del Centro Levi Cases, spicca il contratto di ricerca relativo all’esecuzione di un’analisi quantitativa di rischio applicata ad una rete energetica di distribuzione di gas naturale e propedeutica all’individuazione di criteri per la progettazione di nuovi tratti di rete a basso rischio locale e sociale. Il committente era un importante gruppo industriale gestore della rete di distribuzione per la Regione Trentino-Alto Adige. Altre iniziative sono in corso nell’ambito delle proposte di temi di ricerca del PNRR.